C'è un motivo preciso se il decreto Cura Italia ha introdotto per la pubblica amministrazione l'obbligo di inserire nelle gare per la scelta dei propri fornitori IT almeno una PMI innovativa: la trasformazione digitale è prima di ogni altra cosa un processo di evoluzione culturale, per qualsiasi tipo di organizzazione. Le nuove tecnologie sono solo abilitatori di metodi di lavoro che, per essere avviati, necessitano di un approccio altrettanto nuovo agli asset aziendali, agli obiettivi strategici e, soprattutto, alle risorse umane. Occorre quindi – e specialmente in vista della Fase 2 dell'emergenza coronavirus – un cambio di paradigma, tanto rapido quanto profondo, che consenta a strutture che hanno funzionato per anni pressoché allo stesso modo di fare un decisivo balzo in avanti in termini di agilità, efficienza ed efficacia. La PMI innovativa rappresenta per sua natura quell'elemento dirompente, di discontinuità, che può aiutare le Pubbliche Amministrazioni a osservarsi da un'altra prospettiva, a valorizzare competenze inespresse e a individuare soluzioni inedite a problemi di vecchia data. Come? Mettendo al servizio delle esigenze di ciascun ente esperienze, best practice e use case maturati internamente e a fianco di altri business che hanno avuto bisogno, per crescere, di trasformarsi radicalmente.
Rispetto a questo tipo di fornitori della Pubblica Amministrazione, si può dunque tranquillamente parlare di contaminazione, o ancor meglio di osmosi: anche perché la PMI innovativa non si presenta quasi mai a un cliente con una soluzione chiavi-in-mano. L'approccio, tipicamente, è quello della personalizzazione in funzione degli obiettivi di efficienza che vuole raggiungere il team. E se quegli obiettivi non sono ancora chiari – o se sono offuscati dalla sedimentazione di strumenti e prassi che hanno ingessato la macchina organizzativa a tal punto che la dirigenza non riesce a muovere un passo per guardare oltre lo status quo – è sempre compito della PMI farli emergere e, soprattutto, condividerli con l'intero organigramma. Solo a quel punto si può passare alla scelta dei prodotti e dei servizi che, integrati in una precisa strategia di change management, possono traghettare la PA verso nuove frontiere.
Una di queste, come molti enti hanno dovuto sperimentare a proprie spese e purtroppo nel modo più traumatico possibile, è quella dello smart working. Dovendo rispondere alla richiesta del governo di favorire il distanziamento sociale per limitare il contagio da Covid-19, molte Pubbliche Amministrazioni hanno dovuto improvvisare piani di lavoro da remoto senza essere attrezzate né dal punto di vista tecnologico, né tanto meno da quello metodologico. Ma lo smart working è molto più che dotare i dipendenti di PC, smartphone e connettività e farli lavorare da casa. Occorre, prima di poter fare questo passo, garantire che i processi interni siano tutti digitalizzati, consentendo agli utenti di accedere ai workflow in modo omogeneo e sicuro. Farlo in modo rapido, con una progettualità su misura e scalabile – pronta cioè ad adeguarsi a ulteriori cambiamenti di scenario – vuol dire dare vita a un'infrastruttura agile e facilmente gestibile. Oltre che, per l'appunto, maturare una nuova consapevolezza rispetto ai risultati che l'organizzazione può realmente costruire attraverso le tecnologie e le competenze digitali che è in grado di mettere in campo. Come fornitori della Pubblica Amministrazione, le PMI innovative in questo senso funzionano da catalizzatori tra i due aspetti, coniugando elementi tecnologici e di consulenza per far sì che tutto proceda nel modo più veloce possibile ma senza mai bruciare le tappe. Dall'assessment al rollout della piattaforma, senza dimenticare le attività di change management e di formazione, il ruolo del partner è insostituibile anche quando si tratta di ovviare ai problemi di compatibilità con il parco applicativo già installato e soprattutto con i software legacy.
Come detto, per consentire anche alle pubbliche amministrazioni di affrontare l'emergenza coronavirus sfruttando il più possibile metodi di lavoro agile, nell'articolo 75 del Decreto Legge numero 18 del 17 marzo 2020, il cosiddetto “Cura Italia”, il Governo ha previsto regole semplificate per gli acquisti di servizi informatici, enfatizzando per l'appunto il ruolo delle PMI innovative. In pratica, per tutto il 2020, le amministrazioni potranno acquistare beni e servizi informatici, preferibilmente basati sul modello software-as-a-service erogato via Cloud, mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, purché si tratti di acquisti relativi a progetti coerenti con il Piano triennale per l’informatica nella Pa. La procedura negoziata, precisa il decreto, dovrà avvenire selezionando il partner tra almeno quattro operatori economici, di cui almeno una “start-up innovativa” o un “piccola e media impresa innovativa”. Accedere alle competenze di partner qualificati per la digitalizzazione dei processi non è mai stato così facile.