Per anni la sicurezza dei dati si è basata sulla psicologia della paura.
Professionisti IT, consulenti, aziende hanno raccontato una nuova versione di Cappuccetto rosso, dove il lupo è impersonato da hacker, cattivi di ogni genere e talvolta dagli stessi dipendenti a loro insaputa.
Non mi sento di condannare nessuno, i fini sono anche nobili, ma è il caso di approcciare a questa problematica con dei metodi diversi e più vicini all'evoluzione del mercato.
È un po’ la stessa cosa che è successa alla crisi, intesa come parola che descrive la situazione; ci si abitua alla condizione di "disagio" al punto tale che al passare dei giorni poi non viene più definita tale o si smette di parlarne. Proprio a questo punto, quando stiamo per dimenticarci di lei torna a colpirci più maestosa e potente che mai.
Proprio da questa criticità bisogna guardarsi bene ed essere sempre pronti ad avere un piano di recupero in "sicurezza" dei dati e dei rischi.
Come ha scritto tempo fa Stefano Gangli su centodieci “bisogna prendere atto che i tempi sono cambiati. È un nuovo mercato, con le sue caratteristiche e difficoltà, non è più la crisi”.
Pur con tutta la consapevolezza del problema, ogni anno, anche le grandi aziende, esperte di tecnologia subiscono almeno una violazione.
Purtroppo ciò dimostra che:
Se vogliamo vedere il bicchiere sempre “mezzo pieno” ed essere preparati ricordiamoci che sapere come reagire di fronte ad una cosa che fa paura = fa meno paura. Anche questo è progresso.
In tempi molto lontani si moriva persino per una banale febbre, era una preoccupazione e si era sempre in allarme ma oggi chi si preoccupa per una febbre? Nessuno. Quando abbiamo una febbre sappiamo come reagire.
Questo non significa affatto vivere spensierati e felici, senza prevenzione e quando succede si vede.
La soluzione è AVERE UN PIANO.