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Successi e fallimenti della Blockchain in diversi contesti

La vera innovazione della blockchain è il modo con cui è stata progettata.

Ci sono tre contesti con caratteristiche molto diverse in cui le blockchain hanno prodotto risultati molto diversi:

Store of value: erroneamente considerato un contenitore stabile di valore (non c’è nulla di stabile in natura, se non le costanti fisiche), Bitcoin e i suoi derivati sono oggetti virtuali che possono rappresentare valore monetario. Questo risultato è in parte tecnologico, perché deriva dalla resilienza a tentativi di manomissione del registro delle transazioni, ma in gran parte è dovuto alla creazione spontanea di una community che attribuisce un valore a questi oggetti digitali.

Risultato: ottimo, le cryptomonete sono ampiamente utilizzate in molteplici contesti economici come sistemi di pagamenti di beni e servizi sostenendo un giro d’affari di trilioni di dollari all’anno. Uno esempio per tutti è il mercato della nuova arte digitale (NFT) nato proprio grazie a questo strumento economico.

Socioeconomico: dato che la società globale si basa sull’economia che a sua volta è basata sul valore riconosciuto globalmente alle principali valute o unità di valore, e dato che Bitcoin (o suoi derivati) possono svolgere un ruolo di unità di valore, allora è possibile ipotizzare una socioeconomia basata sulle cryptomonete.

Risultato: nullo. Sebbene vi sia una ampia comunità che ritiene possibile (o necessario) che il sistema socioeconomico globale si affranchi dalle valute nazionali per dare agli individui maggiore controllo dei propri capitali, ovvero del proprio potere di acquisto, il percorso che porta alla creazione di una socioeconomia basata su Bitcoin o suoi derivati non è neppure iniziato. Mancano infatti soggetti economici che usano le cryptomonete come moneta primaria e i timidi tentativi fatti fino ad ora sono falliti o stentano a partire.

Industriale: questo è il contesto in cui la tecnologia della blockchain ha creato le maggiori aspettative e ottenuto risultati molto scarsi.

Risultato: erroneamente si è ritenuto vantaggioso usare una blockchain come contenitore di informazioni relative a processi industriali pensando che un contenitore affidabile potesse dare implicitamente maggiore attendibilità alle informazioni, quindi valore. Ciò è profondamente sbagliato per due motivi. Le blockchain non validano dati prodotti da processi non gestiti dai nodi e soprattutto per dare credibilità (ovvero valore) a un dato, questo deve essere pubblico. Questa condizione, nel contesto industriale, è spesso inapplicabile pertanto il risultato è che la blockchain è stata usata come un semplice, lento e costoso database.

Il contesto industriale è quello che a me interessa e appassiona maggiormente e nonostante il pessimo risultato raggiunto, proprio la consapevolezza degli errori commessi fino ad oggi, mi fa essere molto fiducioso per il futuro. Parte di questa fiducia deriva dalla comprensione di un aspetto specifico: ad una applicazione industriale non occorre una blockchain per essere maggiormente sicura ed affidabile, ma occorre riprogettarla come una blockchain.

La soluzione è lì sotto i nostri occhi: Satosthi Nakamoto ha inventato la blockchain riprogettando una applicazione che esiste da sempre, il sistema di registrazione di transazione economiche, decentralizzando i sui componenti: invece di un solo server che mantiene un registro, ce ne sono migliaia.

Per ottenere lo stesso risultato in ambito industriale occorre solo seguire lo stesso approccio e riprogettare le piattaforme che usiamo tutti i giorni in logica decentralizzata, usando eventualmente una blockchain come strumento per la divulgazione di dati già dotati di consenso perché prodotti in modo decentralizzato. Ed è proprio questo quello che sto facendo.

 

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